La banca, tanto gentile e tanto onesta pare.

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Alzi la mano chi non si senta a disagio nell’entrare in una banca. Perché in condizioni di sudditanza. Imposta dalle banche e soprattutto da un sistema (legislativo, di prassi e giurisprudenziale) che ha consentito alle banche di fare e disfare a proprio piacimento.
Le banche impongono qualsivoglia condizione contrattuale (attraverso “moduli” prestampati illeggibili, ancorché molto migliori rispetto al passato) senza che il consumatore sia in grado di comprendere cosa stia negoziando (dunque con l’insorgenza di obblighi dalle conseguenze importanti). Una farcitura di clausole e condizioni, spesso indecifrabile che consente alla banca di avere una condizione di assoluta superiorità rispetto al consumatore. Il quale si accorge di tale abnorme inferiorità solo nel momento in cui diviene debitore, moroso, inadempiente o anche creditore, soggetto danneggiato. La sproporzione si palesa solo quando emerge la patologia.

Conoscete un solo consumatore (ad eccezione forse solo dei clienti più danarosi ai quali le banche ovviamente riservano un trattamento di favore, ove non capiti che essi stessi posseggano la banca) che abbia imposto alla banca sue condizioni, così chiosate nei moduli prestampati? Eppure è possibile. La negoziazione è libera, anzi dovrebbe essere libera. Ed invece è vincolata.
Si obbietterà come le banche operino in un libero mercato sicché il consumatore ha sempre la possibilità di rivolgersi ad altra banca, a migliori condizioni. Ma di quale libero mercato stiamo discutendo? Esiste di fatto un cartello occulto che rende le proposte delle banche assai simili, differenziandosi un poco quanto agli interessi attivi, ma assai meno quanto ai costi dei conti correnti e degli interessi passivi. Non parliamo poi della offerta dei mutui, ancora oggi erogati soltanto dietro il rilascio di innumerevoli garanzie patrimoniali.

Un “cartello” impenetrabile che è frutto dell’azione congiunta dell’Abi, della Banca d’Italia (che dovrebbe vigilare ma che non può dirsi certo in una posizione di terzietà poiché è composta dalle stesse banche sulle quali dovrebbe vigilare!) e dal timido Garante della Concorrenza del Mercato (AGCM), il quale è risoluto nel condannare soggetti non imprese (da ultimo la condanna verso il Consiglio Nazionale Forense, equiparato ad una associazione di imprese!) ma assai garbato nel lisciare il pelo alle banche.

Un sistema aberrante, certamente agevolato da un consumerismo italiano azzoppato in 20 anni, tra una finta class action all’italiana, garanti molto politici e poco indipendenti, Tar Lazio molto comprensivo, lobbismo politico pro banche occulto, nel quale le banche regnano sovrane ed indisturbate. E i consumatori tacciono e pagano.

La democrazia all’italiana, in cui i furbi e i potenti dispongono, e tutti gli altri subiscono. In cui il controllore è lo stesso controllato.

Le banche sono un anello fondamentale dell’economia e non è più possibile farne a meno, tranne il caso in cui non si viva da eremiti. Lo impone anche il Fisco (il primo vero alleato delle banche, pensiamoci) che pretende la tracciabilità (a spese dei contribuenti ovviamente e a vantaggio delle banche).

Banche che però hanno da qualche decennio smesso di fare ciò per cui nacquero in origine, divenendo spietati speculatori che hanno contribuito a creare titoli e finanza creativa, la cui bolla ha devastato parte del mondo e devastato la vita di milioni di persone, di fatto truffate da incantatori. Ma Usa ed Europa continuano a trattarli con i guanti di velluto (finanziandole con interessi garbati) perché altrimenti crolla il sistema. In Italia le banche oramai hanno in pancia miliardi di crediti-debiti insolvibili grazie alla bolla immobiliare, dopata da mutui concessi con disinvoltura. Banche che però son riuscite, (col gioco delle 3 carte) salvo rare eccezioni, a superare lo stress test imposto dalla BCE.

Ma le condotte illecite e contrattualmente sleali delle banche in questi anni stanno emergendo, anche grazie a consumatori e avvocati tenaci e combattivi. È, dunque, emersa la piaga comune dei contratti (conto corrente, fido, mutuo, etc.) gravati da usura contrattuale (cioè gli interessi usurari) – in quanto la somma degli interessi corrispettivi e di quelli moratori è superiore al tasso soglia calcolato trimestralmente dalla Banca d’Italia – così come certificato da perizie contabili.

La Cassazione ha di recente sostenuto come tutte le voci debbono essere considerate ai fini del TEG, ivi compresa la mora (Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2013, n. 350), poi seguita dalla giurisprudenza di merito (App. Milano, sez. I, 22 agosto 2013 n. 3283; App. Venezia 18 febbraio 2013 n. 342; Trib. Busto Arsizio 12 marzo 2013; Trib. Rovereto, ord. 30 dicembre 2013; Trib. Alba 18 dicembre 2011). Le conseguenze di tale lettura sono notevoli (nullità, interessi non dovuti, restituzione di importi a volte rilevanti, risarcimento danni, realizzazione di reati etc.)

Se nonché si è subito formata una giurisprudenza contraria, che intende dare una diversa lettura della sentenza della Cassazione e curiosamente sta trovando il suo apice nelle principali città (Milano, Roma, Napoli, Torino) che putacaso ha la maggiore concentrazione di banche. Giurisprudenza che inizia a riattribuire poteri normativi impropri alla Banca d’Italia.

Ma giocare una partita in questo Paese con regole del gioco trasparenti e univoche è chiedere troppo?

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