Nullo il mutuo che supera l’80% del valore ipotecario.

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È nullo il mutuo concesso dalla banca in misura superiore all’80% del valore (ipotecario e non di mercato) dell’immobile.

A dirlo è stato il Tribunale di Firenze in una recente ordinanza [1]. Si tratta di un principio che potrebbe creare seri problemi alle banche, spesso colpevoli di superare il limite nel finanziamento fondiario concesso ai propri clienti al solo scopo di aumentare la quota rimborsabile e, quindi, il calcolo degli interessi.

La pratica è tutt’altro che infrequente. Spesso il cliente, che non ha la somma sufficiente a coprire l’acquisto di un immobile, chiede alla banca il finanziamento per l’intero valore del bene.

A questo punto, l’istituto di credito – che per legge può solo finanziarne l’80% – procede all’istruttoria e nomina un proprio perito, il quale valuta il valore dell’immobile e, quindi, determina la quota finanziabile.

È ovvio che, laddove il valore dell’immobile venga sovrastimato rispetto a quello effettivo, il cliente può usufruire di un mutuo di importo superiore rispetto a quello a cui, altrimenti, avrebbe diritto. Sennonché, non poche volte poi, lo stesso cliente si trova nell’impossibilità di restituire i maggiori importi finanziati. Ed è qui che interviene la sentenza in commento, spezzando una lancia in favore di tutti quei consumatori ai quali è stato accordato un finanziamento superiore rispetto a quanto previsto dalla legge.

La pronuncia del tribunale di Firenze, che di seguito spiegheremo, potrà essere utilizzata per porre nel nulla, dunque, l’intero mutuo erogato dalla banca e, conseguentemente, anche l’obbligo di pagamento delle relative rate.

Cosa prevede la legge

La legge [2] prevede, nel caso di finanziamenti fondiari, un limite di finanziabilità pariall’80% del valore ipotecario degli immobili concessi a garanzia. Se risulta superato tale tetto ilmutuo è nullo.

Secondo i giudici toscani il limite di finanziabilità dell’80% non può essere derogato dalle parti, in quanto norma imperativa, volta cioè a garantire il regolare andamento dell’attività bancaria essenziale all’economia nazionale.

Tale, del resto, è stato in passato il convincimento anche delle Sezioni Unite della Cassazione 3].Una sentenza poi contraddetta dalla stessa Suprema Corte [4] secondo cui tale normativa sarebbe posta soltanto a tutela delle banche e quindi la sua violazione determinerebbe semplicemente una responsabilità risarcitoria e sanzioni amministrative per gli amministratori degli istituti di credito.

Ma nessuna conseguenza deriverebbe per il mutuo. Il Tribunale di Firenze, invece, ha ritenuto di condividere la prima interpretazione fornita dalla Cassazione [3] (ed anche da altri tribunali come quello di Venezia, Cagliari e Lodi): laviolazione del limite di finanziabilità comporta quindi la nullità totale (e non soltanto parziale) del mutuo [5].

L’ordinanza dei giudici toscani è importante perché sottolinea che il valore degli immobili su cui calcolare l’80% non è quello di mercato (Market value, Mv) ma quello ipotecario o cauzionale (Mortgage lending value, Mlv), così come definito dalle direttive europee [6].

Alcune banche, però, hanno svolto (e continuano a svolgere) erroneamente gli accertamenti peritali di valutazione immobiliare, prendendo come riferimento il Mv che è più alto del Mlv. Il Mv corrisponde al valore dell’immobile come se si dovesse vendere al momento della perizia mentre il Mlv richiede che il perito valuti, secondo un prudente apprezzamento, la futura negoziabilità dell’immobile.

Il principio elaborato dal tribunale di Firenze riguarda ogni forma di finanziamento fondiario: mutuo o apertura di credito.

Le sentenze a favore e quelle contrarie Sulla questione, non c’è ancora uniformità di vedute in giurisprudenza.

Sono a favore della nullità del mutuo la Cassazione [7], il Tribunale di Venezia [8], il Tribunale di Cagliari [9], il Tribunale di Lodi [10].

Secondo una sentenza, parzialmente contraria, della Cassazione [4], il superamento del limite di finanziabilità dell’80% dà solo diritto a un risarcimento del danno e, se del caso, anche a sanzioni nei confronti degli amministratori della stessa in base all’ordinamento bancario, ma non alla nullità del mutuo.

[1] Trib. Firenze, sent. 30.10.2014.

[2] Art. 38 del Tub e delibera 22 aprile 1995 del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, Cicr.

[3] Cass. sent. n. 8355/1994.

[4] Cass. sent. n. 26672/2013.

[5] Ai sensi del comma 1 dell’art, 1418 cod. civ.

[6] Direttiva n. 2000/12/Ce e 2006/48/Ce.

[7] Cass. sent. n. 9219/95 del 1.09.1995; Cas. sent. n. 8355/1994.

[8] Trib. Venezia sent. del 9.07.2012.

[9] Trib. Cagliari, sent del 4.04.2013.

[10] Trib. Lodi, sent. del 24.04.2014.

 

 

 

L. 104/92: Permessi retribuiti anche se il parente è assistito da una badante o da un altro familiare

 

Con sentenza n.27323 del 22.12.2014 la Corte di Cassazione, in materia di permessi retribuiti ai sensi della L.104/92, richiamando la sentenza n. 13481/2004, ha ribadito che “la presenza in famiglia di altra persona che sia tenuta o che possa provvedere all’assistenza del parente non escluda di per sé il diritto ai tre permessi mensili retribuiti, non potendo in tal modo frustrarsi lo scopo perseguito dalla legge ed essendo presumibile che, essendo il lavoratore impegnato con il lavoro, all’assistenza del parente provveda altra persona, mentre è senz’altro ragionevole che quest’ultima possa fruire di alcuni giorni di libertà, in coincidenza con la fruizione dei tre giorni di permessi del lavoratore (cfr. analogamente per i permessi, previsti nello tesso art. 33 cit., dei genitori di portatori di handicap Cass. 16-5-2003 n. 7701, Cass. 27-9-2012 n. 16460)“.

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguardava, nella specie, una vigilessa, figlia unica di genitori anziani, che vivono a 350 km di distanza. Con l’aggravarsi delle condizioni di salute del padre, in particolare, di fatto era rimasta solo la colf a garantire una assistenza parziale alla madre e il Comune presso cui era in servizio la vigilessa, aveva negato alla medesima i 3 permessi mensili retribuiti.

Con la sopra citata sentenza, quindi, la Corte di Cassazione, respingendo le doglianze del Comune, stabilisce che i permessi retribuiti in favore del lavoratore sono compatibili con l’assistenza da parte di una badante a tempo pieno o di un altro familiare, precisando altresì che il requisito della “continuità” deve essere interpretato in senso elastico e rispondende alla ratio della norma, “essendo evidente che, in ragione del lavoro espletato dal lavoratore ed in funzione della assistenza al parente, ben può esservi una continuità non giornaliera (ad esempio settimanale) meritevole di tutela” a prescindere dalle distanze.

 

Bilancio di fine anno e un augurio di buone Feste

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La banca, tanto gentile e tanto onesta pare.

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Alzi la mano chi non si senta a disagio nell’entrare in una banca. Perché in condizioni di sudditanza. Imposta dalle banche e soprattutto da un sistema (legislativo, di prassi e giurisprudenziale) che ha consentito alle banche di fare e disfare a proprio piacimento.
Le banche impongono qualsivoglia condizione contrattuale (attraverso “moduli” prestampati illeggibili, ancorché molto migliori rispetto al passato) senza che il consumatore sia in grado di comprendere cosa stia negoziando (dunque con l’insorgenza di obblighi dalle conseguenze importanti). Una farcitura di clausole e condizioni, spesso indecifrabile che consente alla banca di avere una condizione di assoluta superiorità rispetto al consumatore. Il quale si accorge di tale abnorme inferiorità solo nel momento in cui diviene debitore, moroso, inadempiente o anche creditore, soggetto danneggiato. La sproporzione si palesa solo quando emerge la patologia.

Conoscete un solo consumatore (ad eccezione forse solo dei clienti più danarosi ai quali le banche ovviamente riservano un trattamento di favore, ove non capiti che essi stessi posseggano la banca) che abbia imposto alla banca sue condizioni, così chiosate nei moduli prestampati? Eppure è possibile. La negoziazione è libera, anzi dovrebbe essere libera. Ed invece è vincolata.
Si obbietterà come le banche operino in un libero mercato sicché il consumatore ha sempre la possibilità di rivolgersi ad altra banca, a migliori condizioni. Ma di quale libero mercato stiamo discutendo? Esiste di fatto un cartello occulto che rende le proposte delle banche assai simili, differenziandosi un poco quanto agli interessi attivi, ma assai meno quanto ai costi dei conti correnti e degli interessi passivi. Non parliamo poi della offerta dei mutui, ancora oggi erogati soltanto dietro il rilascio di innumerevoli garanzie patrimoniali.

Un “cartello” impenetrabile che è frutto dell’azione congiunta dell’Abi, della Banca d’Italia (che dovrebbe vigilare ma che non può dirsi certo in una posizione di terzietà poiché è composta dalle stesse banche sulle quali dovrebbe vigilare!) e dal timido Garante della Concorrenza del Mercato (AGCM), il quale è risoluto nel condannare soggetti non imprese (da ultimo la condanna verso il Consiglio Nazionale Forense, equiparato ad una associazione di imprese!) ma assai garbato nel lisciare il pelo alle banche.

Un sistema aberrante, certamente agevolato da un consumerismo italiano azzoppato in 20 anni, tra una finta class action all’italiana, garanti molto politici e poco indipendenti, Tar Lazio molto comprensivo, lobbismo politico pro banche occulto, nel quale le banche regnano sovrane ed indisturbate. E i consumatori tacciono e pagano.

La democrazia all’italiana, in cui i furbi e i potenti dispongono, e tutti gli altri subiscono. In cui il controllore è lo stesso controllato.

Le banche sono un anello fondamentale dell’economia e non è più possibile farne a meno, tranne il caso in cui non si viva da eremiti. Lo impone anche il Fisco (il primo vero alleato delle banche, pensiamoci) che pretende la tracciabilità (a spese dei contribuenti ovviamente e a vantaggio delle banche).

Banche che però hanno da qualche decennio smesso di fare ciò per cui nacquero in origine, divenendo spietati speculatori che hanno contribuito a creare titoli e finanza creativa, la cui bolla ha devastato parte del mondo e devastato la vita di milioni di persone, di fatto truffate da incantatori. Ma Usa ed Europa continuano a trattarli con i guanti di velluto (finanziandole con interessi garbati) perché altrimenti crolla il sistema. In Italia le banche oramai hanno in pancia miliardi di crediti-debiti insolvibili grazie alla bolla immobiliare, dopata da mutui concessi con disinvoltura. Banche che però son riuscite, (col gioco delle 3 carte) salvo rare eccezioni, a superare lo stress test imposto dalla BCE.

Ma le condotte illecite e contrattualmente sleali delle banche in questi anni stanno emergendo, anche grazie a consumatori e avvocati tenaci e combattivi. È, dunque, emersa la piaga comune dei contratti (conto corrente, fido, mutuo, etc.) gravati da usura contrattuale (cioè gli interessi usurari) – in quanto la somma degli interessi corrispettivi e di quelli moratori è superiore al tasso soglia calcolato trimestralmente dalla Banca d’Italia – così come certificato da perizie contabili.

La Cassazione ha di recente sostenuto come tutte le voci debbono essere considerate ai fini del TEG, ivi compresa la mora (Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2013, n. 350), poi seguita dalla giurisprudenza di merito (App. Milano, sez. I, 22 agosto 2013 n. 3283; App. Venezia 18 febbraio 2013 n. 342; Trib. Busto Arsizio 12 marzo 2013; Trib. Rovereto, ord. 30 dicembre 2013; Trib. Alba 18 dicembre 2011). Le conseguenze di tale lettura sono notevoli (nullità, interessi non dovuti, restituzione di importi a volte rilevanti, risarcimento danni, realizzazione di reati etc.)

Se nonché si è subito formata una giurisprudenza contraria, che intende dare una diversa lettura della sentenza della Cassazione e curiosamente sta trovando il suo apice nelle principali città (Milano, Roma, Napoli, Torino) che putacaso ha la maggiore concentrazione di banche. Giurisprudenza che inizia a riattribuire poteri normativi impropri alla Banca d’Italia.

Ma giocare una partita in questo Paese con regole del gioco trasparenti e univoche è chiedere troppo?